Investire in vino, di Luigi Veronelli
Scritto da Monica Bizzini il 23 Luglio 1999
di Luigi Veronelli
Panorama n. 377 – 5 luglio 1973
Nebbiolo in banca. Leggo – un giorno si e uno no, un giornale si e uno no – l’invito massiccio a investire in whisky. Va da sé, mi ci arrabbio. Capitalizza, amico, in vino. Fuor di dubbio, è meglio assai. Ti basti correre il Catalogo dei Vini d’Italia: dal 1970 ad oggi, due anni, aumenti del 30/40% (non me ne compiaccio affatto, sia ben chiaro). I prezzi dei vini saliranno ancora. Molte le ragioni, due principali: le troppo basse remunerazioni del salario agricolo in doverosa revisione e la domanda in rapida espansione dei mercati nuovi, Paesi del Mec e Stati Uniti d’America.
Certo, i vini vanno comprati dritti: l’Asprino, per dire, vuole beva nell’anno (inferiore? Perché mai? Ha fascino proprio nel verde abbandono). Farai acquisto per far fruttare il tuo capitale, di vini capaci di invecchiare.
Guarda questo Nebbiolo di La Vezza, vendemmia 1971, già in bottiglia; tra otto anni è vertice. Incompiuto nel colore: rosso granato vivo, si farà quieto con gli anni e carico di venature d’arancio. Incompiuto al naso: oggi vinoso quasi, per farsi via via caldo e carezzevole, e generoso in goudron ( mi ripeto: si dice goudron quel sentore, proprio dei grandi vini che ricorda – una sfumatura gradevolissima contro ogni supposizione – il catrame e la liquirizia). Incompiuto al palato: puntuto oggi sin quasi al dispetto per ritrovarlo avanti austero ancora ma senza severità sino a compiacerti per il nerbo sodo, la morbida stoffa e anche il goudron.
Sui Nebbioli di La Vezza (il lettore attento ricorda quello dei fratelli Demarie sulla collina del Turco) dovrò pur fare lungo discorso: come sia competitore dei migliori Barolo e meriti denominazione sua propria. La bottiglia – che non ha etichetta, ed è gran male, il nome del prestigiosissimo cru: vigna della Cola di Valmaggiore – costa mille lire.